OLASZ KONYHA BLOG Newsletter settembre 2024
Olasz Konyha Blog Newsletter settembre 2024
Lo strano rapporto di Kafka con il cibo
Lo scrittore Franz Kafka, famoso per opere come La metamorfosi e Il processo, aveva un rapporto particolare con il cibo. Evitava la carne, l'alcol e praticava digiuni rigidi per sentirsi più in sintonia con la natura, cosa che irritava suo padre, Hermann, un uomo autoritario e amante del cibo. Nella Lettera al padre, Kafka descrive come il comportamento tirannico di suo padre a tavola abbia avuto un impatto su di lui. Mentre il padre mangiava velocemente e senza regole, i figli erano costretti a seguire regole severe. Ogni volta che si sedevano a tavola, Hermann Kafka apriva il giornale per evitare di guardare cosa passasse nel piatto del glio: yogurt, pane integrale senza crosta, burro, noci di ogni specie, castagne, datteri, fichi, uva, mandorle, zucca, banane, mele, pere, arance. Franz sceglieva il cibo con accuratezza, dando importanza a un modo di mangiare molto consapevole e riflessivo.
Questo ambiente opprimente, descritto dettagliatamente nella Lettera al padre, influì profondamente sullo scrittore, che si sentiva emarginato e sminuito durante i pasti familiari.
Kafka adottò un approccio molto riflessivo al cibo, seguendo persino il metodo di masticazione di Horace Fletcher, che richiedeva una lenta e accurata masticazione. Questo suo comportamento, percepito come stravagante, rifletteva la sua ricerca di un equilibrio interiore e una fuga dalle dinamiche familiari.
Il tema del digiuno affascinò talmente Kafka che vi dedicò uno dei suoi racconti più noti, Il digiunatore, in cui esplora l'identità attraverso la privazione del cibo. Il protagonista del racconto rappresenta un emarginato incapace di trovare piacere nel cibo, e, per estensione, nella vita stessa. Il digiunatore del suo racconto rinuncia al cibo perché non riesce a trovare nulla che gli piaccia, simboleggiando una ricerca interiore, la percezione del cibo essendo un simbolo di identità.
L’opera, scritta durante una fase di grande crisi personale di Kafka, riflette anche il suo deterioramento fisico dovuto alla tubercolosi, malattia che lo portò a soffrire nell'ultimo periodo della sua vita. In questi ultimi anni della sua vita, affetto da tubercolosi, Kafka si riconciliò con i suoi genitori e riuscì finalmente a trovare un certo piacere nel cibo, condividendo ricordi legati alla birra e alla convivialità.
Nonostante l’isolamento vissuto e il deterioramento della salute, Kafka negli ultimi mesi di vita trovò un’inaspettata riconciliazione con il padre e la madre, e nelle sue lettere descrive piccoli momenti di gioia legati al cibo e alle bevande, come il desiderio di condividere con il padre una birra. Questo momento di condivisione, che evoca ricordi felici del passato, sembra rappresentare il tipo di nutrimento emotivo che Kafka aveva cercato per tutta la vita, finalmente raggiunto poco prima della sua morte.
Olasz Konyha Blog News Letter settembre 2024
Il gelato e la personalità
Quando ti viene voglia di mangiare un gelato state attenti se attorno a voi c’è qualcuno che
vi osserva con eccessiva curiosità, potrebbe essere uno psicologo che studia la vostra personalità. Mangiare il gelato non è più solo un piacere, ma anche un'esperienza psicologica osservata dagli esperti.
Nella rivista Civiltà della Tavola, edizione settembre 2024 è menzionato uno studio della dottoressa Viviana Finestrella intitolato Dimmi che gelato mangi e ti dirò chi sei.
L’autore ha stilato una lista di comportamenti legati al modo in cui si gusta il gelato, svelando aspetti della personalità di chi lo mangia.
Qualche esempio:
- chi sbafa un cono con cialda vuole l’esperienza sensoriale completa;
- chi ama ricoperti o gelati con lo stecco è un insicuro.
- vi piacciono i ghiaccioli? Avete una personalità indipendente.
- il biscotto è come la coperta di Linus: va bene a chi cerca rassicurazione.
- chi mangia il gelato in coppetta è un maniaco della perfezione.
- se adorate le praline mordi e fuggi avete una personalità moderna.
Anche come mangiate il gelato rivela tutto di voi:
- il deciso lo morde.
- l’ottimista lo lecca.
- l’infantile succhia.
- chi s’accontenta di mordicchiarlo è un introverso o un timido.
- chi lo fa fuori in due bocconi è un avido bramoso di potere.
Anche nei momenti più semplici e privati, come leccare un cono gelato, potremmo essere oggetto di osservazione.
Olasz Konyha Blog News Letter settembre 2024
Custodi del lievito madre, metafora della vita
La panificazione, un'attività comunitaria prevalentemente femminile, che avveniva fino alla fine degli anni Sessanta nei paesi italiani.
Nella tradizione della panificazione il ruolo delle donne come custodi del lievito madre, una metafora del ciclo della vita e del rinnovamento è fondamentale. La panificazione, tradizionalmente un'attività femminile, coinvolge un'interazione comunitaria, dove le donne collaboravano e condividevano risorse preziose come il lievito madre. Le vestali del lievito sono simboli di questo legame profondo tra cura materna e cibo, un atto di conservazione e trasformazione che affonda le radici nella tradizione, ma che continua ad avere rilevanza anche oggi.
Il pane si faceva in casa con farina locale, acqua della fontana e lievito madre, custodito da donne anziane del vicinato, le "vestali del lievito". Queste donne, custodi del prezioso lievito, lo conservavano e lo condividevano con le massaie, che in cambio offrivano loro pane o pizza.
La lavorazione iniziava con l’impasto di farina e acqua, poi il pane lievitava e veniva cotto nei forni comuni, alimentati con paglia o foglie secche raccolte dagli uomini. Il forno era pronto quando i mattoni della cupola diventavano biancastri. Il processo di cottura, che avveniva a temperature tra 180 e 220°C, concludeva il ciclo con la formazione della crosta, dovuta alla caramellizzazione degli zuccheri.
Il lievito madre conferiva al pane una lunga conservazione e un sapore unico, grazie ai composti acidi e ai fermenti che si sviluppavano durante la lievitazione.
Il pane, frutto della terra e del lavoro umano, è simbolo di memoria e rinnovamento, unendo tradizione e vita quotidiana in un atto di cura e comunità.
Leggi l'articolo in ungherese QUI
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